Siamo o no un popolo di eroi, santi, poeti e navigatori? Sì, ma anche di pescatori che fin da tempi remoti si trasformavano in cuochi. Gettando, oltre alle reti, le basi per ricette che verranno arricchite e consolidate nei secoli.
Per scrivere della zuppa di pesce del Lazio partiamo dalla nostra identità
Come per la carne esiste il concetto di “quinto quarto”, fatto di interiora e tagli di scarto, per il pesce tutto ciò che non ha dignità individuale finisce nella zuppa.
Ma quel che ieri si nascondeva, perché tradiva uno status inferiore, adesso si esibisce. Quindi la zuppa di pesce diventa un piatto gourmet, trasformando la miscellanea di pesci, con l’anarchia del “tutto fa brodo”, in preparazioni strutturate e precise.
Oggi, grazie alla facilità di reperimento e alle migliori condizioni di conservazione del pescato, possiamo avere nella zuppa di pesce il più ampio ventaglio di prodotti del mare.
Facciamo un po’ di storia
Secondo la letteratura gastronomica, la zuppa di pesce trae origine dai coloni pescatori greci che sbarcarono sulle nostre coste (VII-IV sec. a.C.). Narra la leggenda che Venere la preparò per ammansire l’ingenuo Vulcano, dubbioso della fedeltà della dea.
La ricetta è assente nei trattati che vanno da Apicio al Rinascimento, perché “povera” e poco interessante da documentare. A partire dal ‘600, il consumo del pesce viene promosso dal Vaticano.
Cessa di essere cibo solo per il popolino ed entra nelle mense dei ricchi con zuppe di varietà pregiate. Zuppe impreziosite da raffinate spezie come i potaggi del cuoco rinascimentale Bartolomeo Scappi.
Come possiamo preparare una zuppa di pesce del Lazio?
Una ricetta unica regionale non esiste perché la costa ha caratteristiche locali molto diverse, a partire dalla differenza di scenario tra sabbia e scogli. Analizziamo il panorama. Cominciamo da un romano d’eccezione, lo scrittore e giornalista Livio Jannattoni, cui rendiamo omaggio citando la sua Zuppa di pesce portodanzese, cioè di Anzio, con nove varietà di pesce. Parliamo di: seppie, polpi, scorfani, tracina, coccio, palombo, lucerna, marmora, alici con frutti di mare quali cozze e vongole veraci. E il tradizionale sasso di mare per dare l’idea del sapore tipico.
Ada Boni nel suo classico sulla cucina romana del 1929 non cita la zuppa di pesce, ma vent’anni dopo in una panoramica sulle zuppe di pesce italiane nomina la Zuppa di Civitavecchia e delle coste laziali, con nove varietà di pesce. Oggi la tendenza generale si attesta sulle sette-otto varietà; anche questo, nel suo piccolo, forse è un segno dei tempi.
Roma presenta la Zuppa di pesce alla romana caratterizzata da alloro e salvia ma come non menzionare la Pasta e broccoli in brodo di arzilla (razza) minestra tipica della cucina popolare romana che verrà trattata in un prossimo articolo.
Per la Zuppa di pesce del Lazio meridionale – Circeo e dintorni – abbiamo: gronchi, scorfani, cocci, tracine, vongole, cozze, telline, sconcigli, chioccioline, polipetti, seppioline, calamaretti; scampi, parnocchie e gamberi.
A questo punto, ci farebbe molto piacere la vostra ricetta per una gustosa Zuppa di pesce del Lazio.
Scriveteci e potremmo pubblicarla qui.